Progetti

SLF – Salviamoci la faccia

Quando si viaggia in moto la sicurezza dev’essere sempre al primo posto.Lo sa bene Manuel che per questo è uno dei testimonial dell’Associazione SLF Salviamoci la faccia, un’associazione dedita a sensibilizzare i più giovani sull’importanza di proteggere il volto quando si è in sella, perché anche un incidente banale si può trasformare in qualcosa di più grave. Manuel è coinvolto nella sensibilizzazione alla prevenzione del trauma motociclistico stradale, all’uso consapevole del mezzo e dei sistemi di protezione.

>“Il trauma motociclistico rappresenta circa il 30% dell’attività di Centri Trauma dedicati alla cura dei casi più gravi – spiega il dott. Giorgio Novelli, ideatore del Progetto – e costituisce per definizione il prototipo di “trauma a coinvolgimento multidistrettuale simultaneo”, quindi più complesso dal punto di vista clinico e gestionale. Abbiamo condotto un’approfondita analisi statistica sui dati ospedalieri di un campione di oltre 1900 traumi motociclistici sottoposti alle cure ospedaliere, sia presso l’Unità Operativa e Cattedra di Chirurgia Maxillo Facciale dell’ASST Monza Ospedale San Gerardo, sia presso altre strutture ospedaliere dove la nostra équipe monzese, diretta dal prof. Alberto Bozzetti, opera in convenzione e consulenza. Noi come medici ed istituzione pubblica, ogni giorni ci facciamo carico di questi pazienti, cercando di dare il massimo delle cure possibili”.

Il trauma facciale e nella sua definizione più globale, cranio-facciale, ha un impatto importante sulla casistica traumatologica stradale. Costituisce il 34% dei traumatismi facciali in generale. Di questi circa il 70% è costituito dal trauma motociclistico. “Il trauma facciale – continua Novelli – non solo motociclistico, ha assunto nel tempo un peso notevole in termini di costi biologici per il paziente, costi sociali per la sanità e lo stato. Se consideriamo l’elevato valore che il volto ha nei rapporti sociali e lavorativi per la persona, un esito deturpante può generare nella vittima di incidente un cambio della sua qualità della vita e del suo inserimento nel tessuto sociale”. Oltre alle conseguenze estetiche sul volto, possono essere numerose anche le conseguenze funzionali. Basti pensare ai danni all’apparato stomatognatico con alterazione della masticazione, del gusto e dell’alimentazione in generale, un danno agli occhi, un danno a nervi sensitivi e motori, alle vie lacrimali, al naso e di conseguenza alla qualità della respirazione. Parte anche da qui l’idea di una campagna di sensibilizzazione o di incentivi finalizzata all’utilizzo del casco integrale, una conquista importante sia per l’utente sia per lo Stato, che ha permesso di ridurre drasticamente le morti per trauma.

“È evidente dai dati in nostro possesso che nel trauma motociclistico la causa più frequente di decesso erano e sono le complicanze craniche e cranio-facciali – conclude Novelli -. Si provi a guardare i video di crash-test motociclistici: la faccia e il complesso cranio-facciale sono i primi ad essere coinvolti nel trauma motociclistico stradale. È necessario fare un ulteriore passo in avanti, noi siamo per il casco integrale o comunque con protezione facciale nell’utilizzo stradale, non potrebbe essere altrimenti. Nelle nostre statistiche più del 65% dei pazienti operati per trauma facciale portavano il casco aperto. Ad ulteriore supporto di tali osservazioni è stato dimostrato che, indossando caschi non integrali, le lesioni riportate sono mediamente più gravi (raddoppiano le percentuali di lesioni moderate-gravi rispetto a quelle riportate utilizzando i caschi integrali) e che aumenta il rischio di danni irreversibili agli organi di senso (vista, olfatto, ecc.). Una considerazione importante, ma difficile da tradurre in numeri, è che i traumatizzati operati che portavano il casco integrale che hanno comunque riportato fratture facciali, molto probabilmente con un casco aperto avrebbero perso la vita”

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BabyScooter per i bimbi dai 18 mesi ai 5 anni

L’Organizzazione mondiale della sanità ha diffuso le nuove linee guida per l’infanzia che prevedono attività fisica già da neonati. Questo perché i bimbi, sin dalla tenera età, vogliono esplorare il mondo. A una certa età i bambini imparano ad andare in bicicletta senza più utilizzare le rotelle ma questo passaggio non è affatto immediato. In Nord Europa è consuetudine abituarli a tenersi in equilibrio con le bici senza pedali che hanno innumerevoli vantaggi e che grazie a BabyScooter-Italia oggi si presentano sul mercato italiano in forma di simpaticissimi “motorini”.

Baby ScooterNon poteva mancare quindi la presenza di Manuel, quale testimonial attento alla salute dei più piccoli. Manuel è a disposizione degli Asili che decideranno di acquistare i BabyScooter per dei momenti simpatici e divertenti di socializzazione con le famiglie, gli insegnanti e i bimbi.

Il prodotto ben si coniuga per essere donato agli Asili da parte dei genitori, come avvenuto da ultimo – in ordine di tempo – ad esempio a Rovato alla Scuola d’Infanzia di Via Santa Caterina; “Abbiamo deciso di donare i BabyScooter – affermano i genitori – perché con le insegnanti abbiamo valutato quanto fossero positivi nello sviluppo delle attività motorie, nel migliorare il senso dell’equilibrio e della coordinazione e per l’ottimo rapporto qualità prezzo”.

I BabyScooter non richiedono l’utilizzo dei pedali, ma solo quello di gambe e piedi per spingersi. Man mano che i bambini li utilizzano, prendendo velocità, imparano spontaneamente l’equilibrio favorendo il passaggio alle biciclette vere e proprie. Il comfort – che BabyScooter Italia garantisce – è sicuramente un elemento importante perché il bambino deve sentirsi a proprio agio, idem per quanto riguarda la sicurezza, le dimensioni, a seconda dell’età e della statura, delle ruote e del peso.

I BabyScooter richiedono l’utilizzo di gambe e piedi per spingersi, senza bisogno di utilizzare i classici pedali. Il funzionamento è pertanto molto semplice: i bambini salgono in sella normalmente, appoggiano i piedi a terra e si danno la spinta con le gambe fino a raggiungere una certa velocità. Inizialmente quindi devono più o meno camminare appoggiati al sellino, tenendosi al manubrio, poi imparano a sollevare i piedini e a zigzagare prendendo sempre più velocità. Man mano che imparano, riescono a tenersi in equilibrio per tratti sempre più lunghi affrontando anche eventuali discese. Le frenate si fanno ovviamente con i piedini, anche perché non sono provvisti di freni.